La vera storia del tango argentino

LA VERA STORIA DEL TANGO ARGENTINO
di Francesca Toti
Introduzione
Il Tango platense nasce tra il 1880 e il 1900 in un preciso contesto geografico, ovvero lo
spazio compreso fra le due città che fiancheggiano l’estuario del Rio de la Plata: Buenos
Aires (capitale dell’Argentina) e Montevideo (capitale dell’Uruguay).
Il Tango è il frutto di una ibridazione tra diverse popolazioni; nella sua creazione sono
implicati almeno tre continenti: l’America, dove questo ballo è nato e si è sviluppato;
l’Europa, con i suoi emigranti che stabilitisi nella realtà platense hanno contribuito
fortemente alla sua creazione; l’Africa, che a livello ritmico ha influenzato molto la sua
nascita.
Il Tango è un universo, di cui si è detto tanto o tutto, ma di cui pare resti sempre altro da
dire. È un’emozione dalle tante facce che ha stimolato libri, cinema e teatro, che ha
costruito un contenitore di metafore e racconti; nata da un crogiolo di razze, somiglia
molto al jazz, che è filosofia del tempo (sempre perduto) e della solitudine (sempre
ineluttabile). Il Tango è un linguaggio, è un fenomeno vivo di cultura, che oltrepassa i
confini della sua terra.
Nasce come ballo introverso, ballato tra uomini soli, poi danzato nei bassifondi di Buenos
Aires “a dieci centesimi il giro compresa la dama” (Borges); infine guadagna i salotti
europei dei primi del Novecento, in forme più eleganti e stilizzate.
 

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Dire che è “un pensiero triste che si balla” (frase celebre di Enrique Santos Discépolo,
paroliere di Carlos Gardel, il più fantasticato e amato tra i cantori del Tango), non ne
esaurisce la ricchezza di senso.
La miscela esplosiva del Tango vive di elementi, anche molto distanti tra loro, pronti a
fondersi in suo nome. A questo proposito vorrei citare lo scrittore Ernesto Sabato il quale,
nella prefazione del libro “Il Tango” (Garzanti) di Horacio Salas, scrive: “La crescita
violenta e tumultuosa di Buenos Aires, l’arrivo di milioni di esseri umani pieni di
speranze e la loro quasi invariabile frustrazione, la nostalgia della patria lontana, il
risentimento dei nativi contro l'invasione degli immigrati, la sensazione di insicurezza e di fragilità in
 un mondo che si trasforma vertiginosamente, l’impossibilità di dare un senso sicuro all’esistenza, la mancanza
di gerarchie assolute, tutto ciò si manifesta nella metafisica “tanghistica”.
Ballo ibrido di gente ibrida, il Tango si nutre di attriti e vittimismi. Le sue canzoni celebrano l’ombra del non detto,
la malinconia di cose perse e
lontane, le sfumature dell’indecisione come scelta. Non a caso il suo sigillo musicale è il
bandoneon, strumento dal suono denso e dal fraseggio frammentario, il cui pianto
lancinante influenza molto il modo di cantare.
Il Tango si alimenta di tristezza. Ogni felicità, ci insegnano i poeti del Tango, è per
definizione effimera, illusoria, beffarda: più che mai quella amorosa.
Per riuscire ad entrare almeno un po’ nell’universo Tango occorre liberarsi dagli
stereotipi che circondano questo ballo quali: rosa rossa in bocca, casquet e acrobazie
varie, capelli impomatati ma soprattutto: Tango uguale Eros.
È importante, nel Tango come in moltissime altre cose, cercare di evitare di affibbiare
etichette che tendono a ridurre e limitare. Il Tango è una filosofia, un modo di vivere,
una “malattia” per alcuni. In Italia è un po’ più complicato che in Argentina convivere
con questa “malattia”: in effetti non ci sono moltissime sale dove si balla il vero Tango
platense ovvero il Tango-milonga (anche se in questi anni c’è stata una riscoperta del
Tango ballato).
Il Tango in Europa è quasi esclusivamente ballo, la musica conta poco, basti pensare al
fatto che nei negozi di musica difficilmente troviamo una sezione dedicata al Tango,
occorre cercare nel “jazz”, nella “musica etnica” o nella “musica latina”.
Per comprendere il Tango occorre invece studiare il globale: musica, ballo, cultura.;
perché come tutti i fenomeni, non si può credere di conoscere l’insieme conoscendo,
seppur nei minimi dettagli, solo un particolare.
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Il Tango in Italia si può conoscere, apprezzare, vivere,
amare; ma solo nei paesi in cui è nato il Tango si
trasforma da ballo e musica in cultura vera e propria; e
se è possibile comprendere una cultura diversa da
quella di appartenenza, è però impossibile che essa
diventi nostra del tutto, che si compia cioè quel salto
che da amanti, ci faccia esserne parte.
Le Origini
Non è semplice risalire all’origine del Tango, la difficoltà sta soprattutto nel riuscire a
delineare il momento in cui è nato questo nuovo ballo, anche perché sicuramente esso è
il frutto di una ibridazione che vede coinvolte danze, linee melodiche e ritmi differenti.
È per questo motivo che le tesi, riguardanti la nascita di questo ballo, sono varie e
particolarmente differenziate. Queste tesi concordano comunque sul fatto che il Tango
nasce verso la fine dell’Ottocento nei sobborghi di Buenos Aires e che tra i suoi
precursori ci sarebbero state l’Habanera e la Milonga, le cui origini non sono comunque
facili da stabilire a causa delle diverse correnti di pensiero che la fanno discendere dal
Candombe, ritmo ballato dai neri montevideani nelle loro riunioni danzanti; oppure
invenzione dei compadritos o degli orilleros per prendersi gioco dei balli dei neri. Anche
sull’origine dell’Habanera i musicologi non concordano: alcuni sostengono che essa
sarebbe arrivata a Cuba direttamente dall’Africa con le navi degli schiavi; altri
sostengono la tesi delle contaminazioni progressive dei balli della tradizione arabo-
spagnola con la musica nera. Fatto sta che l’Habanera, partita come ballo popolare di
Cuba si diffonde in tutto il mondo influenzando musicisti famosi come Georges Bizet,
che inserisce una Habanera, ispirata a “La paloma” (composizione del 1840 di Sebastian
de Iradier y Salaverri), nel I atto della
Carmen.
Sicuramente il Tango nasce dalla fusione di vari generi, sia a livello musicale sia
coreografico; il problema sta nello scoprire quali tra i passi di queste danze ormai svanite
nel nulla sono stati modificati e trasformati nei passi del Tango.
La ricerca deve prendere avvio dalla particolare situazione storica, per arrivare a
conoscere le sfaccettature e le qualità della sua popolazione, frutto di un metissage di
genti sbarcate in Argentina a cercare fortuna. Verso il 1880 la classe dirigente argentina,
considerando il vasto territorio e la scarsa densità di popolazione, decise di aprire le
frontiere agli immigranti con la speranza di ricevere un contributo qualitativo nel mondo
lavorativo. In realtà coloro che già nel loro paese erano ben inseriti non sentirono il
bisogno di avventurarsi in una terra sconosciuta, meta invece allettante per tante persone
che vivevano ai margini della società nella loro terra. L’Argentina per gli immigrati non
si rivelò la “terra promessa” ed essi dovettero ben presto rinunciare ai loro sogni,
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adattandosi a lavori più umili di quanto sperassero e accalcandosi alla periferia delle due
città-porto più importanti: Buenos Aires e Montevideo.
È per queste ragioni che il Tango è definibile come un prodotto di cultura meticcia, nato
da una particolare fusione di generi provenienti da paesi diversi, nato dall’incontro di
persone emigrate dal loro paese, sempre povere, spesso infelici e per questo nostalgiche.
Il Tango nella sua musica, nelle sue parole e nei suoi movimenti riflette questo disagio.
È evidente quindi che il Tango diventa la sintesi di più popolazioni, sintesi che
rappresenta in sé anche la particolare situazione dell’Argentina e la sua cultura con i suoi
personaggi particolari: in primis le figure maschili del Gaucho e del Compadre. Il Gaucho
è una sorta di cow-boy, solitario, amante degli spazi aperti, male sopporta la città. Non gli
mancano mai coltello e chitarra. Il Compadre è molto diverso dal Gaucho: ama la
compagnia, si veste con eleganza, è fiero e arrogante; e allo stesso tempo la cultura e le
origini degli immigrati più o meno integrati nel contesto socio-culturale argentino con il
quale hanno fuso la loro tradizione. Molti di questi immigrati provenivano dall’Italia; ma
alla creazione del Tango dobbiamo includere l’apporto di un altro continente: l’Africa e
ciò risulta evidente quando si va ad indagare le origini del nome di questo ballo.
Il nome del Tango
Non è facile, se non quasi impossibile, riuscire a scoprire la vera origine della parola
Tango. Essendo un ballo, una musica, un processo nel quale sono confluite diverse
culture, ugualmente nella definizione confluiscono i dialetti e le lingue madri dalle quali
essi derivano.
In questa ricerca sull’origine della definizione è ricorrente trovare un allaccio all’Africa
sia a livello di suono, in quanto molti balli e ritmi africani avevano una radice vicina a
quella della parola tango, sia a livello di termini usati per posti o cose tipicamente
africane, dalle quali potrebbe in qualche modo aver preso il nome il Tango delle origini,
non per ultimo lo strumento “tamburo” onnipresente nella musica nera, scomparso forse
nella fusione. Infine, anche se accettata da pochi, c’è la tesi sull’origine della parola dal
latino “tangere” ovvero “toccare”.
Evoluzione e diffusione
Il Tango nasce come ballo popolare, amato dal popolo e snobbato dalle classi sociali più
elevate. Trova la sua espressione nel contesto delle feste popolari fino a che non viene
scoperto, esportato in Europa, modificato e quindi riportato nei suoi luoghi di origine.
Una leggera evoluzione si ha agli inizi del ‘900, pur non toccando ancora gli strati alti
della popolazione, il Tango si diffonde nei locali dove inevitabilmente assieme ai
popolani ballavano anche piccoli e medi borghesi.
Il periodo dal 1900 al 1915-20 è detto “Guardia vieja”; è l’epoca in cui il Tango comincia
ad essere amato, a trovare la sua identità, a liberarsi dall’etichetta di popolare per
diventare nazionale, quel nazionale che ben presto si trasformerà in internazionale. Tra i
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personaggi più significativi di questo periodo il più importante è sicuramente Angel
Villoldo, uomo eclettico: compositore, cantante, musicista; ha lasciato canzoni ancora tra
le più ballate al mondo come “El Choclo” e “La Morocha”.
È proprio Villoldo uno dei “responsabili” dell’esportazione del Tango all’estero, in
maniera particolare in Europa, dove, assieme a Alfredo Gobbi e sua moglie Flora
Rodriguez, fa conoscere il Tango.
Parigi diventa la seconda patria del Tango, che “depurato” un po’ da quelle figure che
richiamavano contenuti decisamente sensuali diventa un ballo amato anche dalla gente
chic. In effetti, a Parigi il Tango subisce dei cambiamenti di passi e di parte della struttura
originale, soprattutto a livello tecnico, viene, infatti, a mancare quasi del tutto
l’improvvisazione tipica del Tango, così diversa dai balli codificati e piuttosto
standardizzati presenti fino ad allora, e viene limitata la carica sensuale, per renderlo più
“europeo”, più facilmente inseribile
nel contesto parigino.
Le polemiche comunque restano, per
questo ballo così diverso, dove la
coppia si incontra e si scontra in un
intreccio che sembra dover mimare il
rapporto amoroso. Ma le polemiche
non riescono certo a bloccare la sua
diffusione in tutto il mondo, dove
ben presto personaggi famosi
diventano ballerini provetti.
Il Tango torna in Argentina con le
modifiche apportate a Parigi e
diventa un prodotto adatto anche alle
persone “perbene”, non più ballo da
poveri, da feste popolari, ma danza
riconosciuta e degna di spazi idonei e
di sale da ballo.
Negli anni ’20, anni d’oro per
l’Argentina, il Tango vive un
momento magico soprattutto nel suo paese, momento che si interrompe però nel 1930,
con un colpo di stato. Negli anni ’40 subisce di nuovo una flessione e viene considerato
prerogativa della massa e per questo disprezzato dalla borghesia; fino all’avvento de l’
“avanguardia” con Astor Piazzolla, rappresentante primo e simbolo di un tango nuovo e
molto amato.
Oggi il Tango è il fenomeno culturale più vasto che l’America latina sia mai riuscita ad
esportare nel mondo. Il Tango come danza, ma anche la sua musica, riescono ad attirare
ancora moltissime persone; ed è sicuramente questo il motivo per cui viene molto usato,
e non solo al cinema o a teatro, ma anche nei locali (molti organizzano serate danzanti
dedicate al Tango) e, cosa molto recente, nelle piazze, dove scuole di ballo si esibiscono
coinvolgendo il pubblico, affascinato da questa danza calda e sensuale e dalla sua musica
piena di sentimento.
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Tango e cinema
Tango e cinema si sono evoluti in maniera quasi contemporanea, per questo forse
moltissimi film hanno dato a questa danza un posto centrale.
Il periodo in cui nasce il cinema è quello in cui il Tango comincia ad affascinare le masse,
e non solo in Argentina ma in tutto il mondo.
I primi film erano muti ma per girarli si usavano cantanti di Tango (nel 1916 debutta
Carlos Gardel con
Flor de durazno); più tardi le sale cinematografiche si attrezzarono per
assicurare il suono con degli artisti (pianisti, cantanti) realmente presenti in sala, per cui
si creava una sorta di concerto. Dal 1924 in poi (fino all’avvento del sonoro) nelle sale di
proiezione erano presenti vere e proprie orchestre. Tutte le grandi orchestre dell’epoca
suonarono nei cinema di Buenos Aires.
I primi film sonori sul Tango sono del 1930-1931. Inizialmente questi film somigliavano
molto come struttura ai film muti; pochi anni più tardi si cominciarono a creare delle
storie, introducendo le canzoni da far conoscere al pubblico (un po’ come succedeva in
Italia negli anni ’60 per i cantanti più in voga). Con questi film si fa conoscere alle
persone la storia del Tango, dei suoi protagonisti e i moti dell’animo che questa danza e la
sua musica riescono a liberare ed esplicare.
Quando questo genere di rappresentazione ha perso vitalità, c’è stato un cambiamento
sostanziale per il binomio Tango-cinema. Non più l’uso del cinema per far conoscere il
Tango, ma il Tango come colonna sonora per il cinema.
Molti sono i film che hanno usato tanghi più o meno famosi nella colonna sonora. Lo
stesso Piazzolla ha composto varie musiche per film.
Ai giorni nostri si può ricordare
Ultimo tango a Parigi, film del 1972 di Bernardo
Bertolucci, con colonna sonora di tanghi di Gato Barbieri, sassofonista di origine
argentina. In questo film va anche sottolineata la figura del protagonista: Paul
(interpretato da Marlon Brando) molto vicino ai personaggi cantati nel Tango: è
arrogante, diffidente, afflitto.
A livello di rappresentazione ballata di Tango possiamo citare:
Indocina del 1991 con
Cathérine Deneuve che balla con Linh Dan Pham un Tango di stampo british; o ancora
Scent of woman, dove Al Pacino (che impersona un ufficiale diventato cieco per un
incidente) danza “Por una cabeza” con una ragazza che ignora la sua menomazione e
risponde alla paura di lei (che non ha mai ballato il Tango) di sbagliare: “Il Tango è più
facile della vita: anche se sbagli, continui a ballarlo”.
Anche in
Schindler’s list di Stephen Spielberg del 1993, e ne
Il postino di Michael
Radford (con Troisi che impersona il postino e Philippe Noiret che è Pablo Neruda) ci
sono accenni di ballo e musiche di Tango.
Del 1996
Evita di Alan Parker, con Madonna e Antonio Banderas; ricco di musica, storia
(è la vera storia di Eva Duarte de Perón) e danza.
Più recenti
Lezioni di tango di Sally Potter, e
Tango di Carlos Saura.
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Dal film
Lezioni di Tango di Sally Potter (GB/Argentina/Giappone/Olanda, 1997)
Protagonisti: Sally Potter, Pablo Veron
Dal film
Tango di Carlos Saura (Spagna 1998)
Protagonisti: Miguel Angel, Mia Maestro, Cecilia Nerova
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La Musica del Tango Argentino
Anche dal punto di vista musicale, il Tango nasce
verso il 1880, da una compenetrazione di ritmi e
musiche diverse che incontratesi in quest’unico
contesto daranno luogo ad un fenomeno nuovo e
senza tempo.
I primi tanghi venivano suonati per le strade da
piccole orchestrine ambulanti, di solito terzetti, che
usavano come strumenti: flauto, chitarra e violino,
facilmente trasportabili e adatti alla musica di strada.
Il loro era un tango improvvisato, non seguivano
uno spartito ma creavano attingendo dalla memoria
dei canti popolari e creando sintesi inedite tra le
musiche dei loro paesi e quelle della tradizione
argentina e platense.
In seguito al Tango della “vecchia guardia”
improvvisato e suonato nei sobborghi e per le strade,
si sviluppa un nuovo tipo di Tango che si fa strada
nei locali frequentati dai ricchi restando allo stesso
tempo patrimonio dei poveri; è qui che il Tango
tende in parte a perdere la sua inflessione divertente, giocosa, per diventare più triste. Va
notata la progressiva introduzione di diversi strumenti, semplici e legati alla tradizione: la
chitarra, molto in uso fra i criollos, il violino, il flauto, il clarinetto e l’arpa diatonica,
caratteristica degli indios paraguayani. Talvolta compare anche il mandolino, strumento
che testimonia il forte apporto italiano alla nascita della musica Tango. Questi strumenti
contribuivano a dare al Tango una inflessione divertente e giocosa.
Tutto tende a cambiare con l’avvento di due strumenti che hanno fatto la storia di questa
musica: il pianoforte e il bandoneon. Essi vengono incorporati alle orchestre nei primi
anni del Novecento, contribuendo a spostare definitivamente le orchestre dalla strada ai
locali. Il pianoforte, soprattutto, è anche un simbolo della scalata sociale del Tango in
questo periodo; la sua funzione nell’orchestra è quella di fare da base ritmica. Compito
invece della fisarmonica prima e in seguito del bandoneon, è quello di dare al tango un
suono più lento e grave che sostituisce le note allegre del flauto che scompare.
Il bandoneon resterà per sempre nelle orchestre di Tango diventandone il rappresentante
più particolare e tipico.
Struttura melodica
Il tempo è 2/4. Due battiti per tempo; sia il primo sia il secondo battito sono accentati.
Per quanto concerne la velocità, la musica dovrebbe essere suonata a circa 32 battute al
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minuto. La base ritmica è: lento, lento, veloce, veloce. Dato che la musica Tango è in 2/4,
ogni lento ha solo un battito musicale ed ogni veloce un mezzo battito.
Una caratteristica che distingue il Tango da altre musiche è la sua inflessione verso il
minore, che lo rende triste e malinconico ma anche pieno di sentimento.
L’evoluzione della struttura melodica si lega inscindibilmente a quella dei suoi strumenti
e ai luoghi dove essa si sviluppa. Si passa quindi da un Tango dei sobborghi (vecchia
guardia), ad un nuovo Tango (nuova guardia) dove si affaccia il Tango-canzone, con la
sua poesia.
Tutto ciò dà luogo a tre stili fondamentali: -
Tango milonga - Tango cançion - Tango
strumentale. Il Tango milonga è quello più adatto al ballo e prende origine dalla milonga
vera e propria, della quale, in fondo, ritmicamente è una modifica. Nel Tango cançion in
particolare, le parole sono fondamentali e danno significato alla musica. In effetti in
America Latina, Tango è sinonimo di canzone più che di ballo, perché è la canzone con le
sue parole che evidenzia i luoghi, i personaggi e soprattutto dà voce ai sentimenti.
Nei Tanghi cançion della primissima ora riusciamo a trovare i personaggi tipici che
costituiscono il mito del Tango. Sono quei personaggi che vivono nei quartieri bassi:
contadini, furfanti, malfattori. Essi sono parte della tradizione locale e come tali vengono
cantati dagli immigrati per integrarsi. I temi dei Tanghi ripercorrono la storia della
cultura locale ma toccano anche, soprattutto più avanti, questioni universali: l’amore e le
sue vicissitudini, le donne, la solitudine. Le parole del Tango sono spesso paragonabili a
poesie, per la loro carica espressiva, l'emozione che danno, la cura con cui sono scelte le
parole.
Una specificità del Tango cançion è l’uso di una lingua particolare ovvero il
lunfardo;
questa lingua, nata con molta probabilità come gergo per non farsi capire soprattutto
dalla polizia, attinge termini da diverse lingue ma in maniera preponderante dai dialetti
italiani; esso diventerà la nuova lingua degli immigrati, del porteño che cerca di
sopravvivere ad una realtà di stenti, delusioni, malinconie. La cosa più strana del lunfardo
è però il fatto che non è una lingua nata dalla fusione di altre, ma utilizza i termini di
queste lingue storpiandoli, o meglio usando una metatesi (spostamento dell’ordine delle
sillabe). Ovviamente le parole devono avere almeno due sillabe e per entrare a far parte
di questo vocabolario devono essere scorrevoli. Tra le più frequenti, sono da annoverare:
gongri (gringo), choma (macho), tovén (vento, denaro), colo (loco, pazzo), gomìa (amigo),
troesma (maestro, per antonomasia Gardel) e, naturalmente gotàn (tango)
Temi ricorrenti: i luoghi
Luoghi intesi come posti, locali in cui il Tango si è sviluppato,
quindi bar, caffè, dove si beve il primo bicchiere, si fuma la prima
sigaretta, si piange la prima delusione; proprio come in
Cafetin de
Buenos Aires, dove Discepolo canta tutto il suo pessimismo.
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Oltre ai bar e caffè i luoghi rievocati, ci sono anche quelli scomparsi, quartieri di
un’infanzia perduta che mai potrà tornare; significativa a questo proposito la famosissima
Mi Buenos Aires Querido cantata dal mito del Tango Carlos Gardel.
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L’improvvisazione nel Tango
Caratteristica fondamentale, l’improvvisazione è parte integrante di questo ballo; senza di
essa non si balla, al limite si ripete una sequenza, un insieme di passi già visti; ma se il
ballo è anche imitazione è bene comunque sottolineare che non è solo questo.
È abbastanza semplice ad un occhio allenato riconoscere i ballerini principianti da quelli
avanzati; questo perché di solito, mentre i primi si concentrano sui passi e sulle sequenze
eseguendone di complicate, imparate provandole giorno e notte, e trascurando sia la
dama che la musica; i secondi creano sulla musica, spesso si fermano come in una pausa
di riflessione, altre volte danno spazio alla creazione della dama, in un gioco di coppia in
cui regnano creatività e armonia. Ovviamente per seguire la musica e lasciarsi trasportare
è essenziale possedere la tecnica, ma questo non significa che più passi si conoscono e si
usano e migliore è il nostro Tango, in questo caso infatti la tecnica è legata al modo di
interagire con il partner, di farsi capire senza parlare (anche perché sarebbe un
sacrilegio), di usare l’intesa per giocare con l’improvvisazione.
Spiegare l’improvvisazione risulterebbe alquanto complesso e in più forse svantaggioso;
ciò che c’è da sapere è che essa è usata, nel Tango come in molte altre forme d’arte, per
movimentare, per sperimentare, per stupire.
Non più la partenza convenzionale del valzer, non più giri uguali tra loro, ma invenzione
continua: questo è il Tango.
Questo gioco splendido tra i ballerini, nel quale entrambi vivono in uno stato perenne di
allerta, senza sapere che cosa sarà il dopo, li rende leggeri, liberi e pronti ad ogni
possibilità.
Allo stesso modo lo spettatore vive l’attesa: come la dama, non sa cosa farà l’uomo, e
attende trepidante un segnale.
Lo spettatore vive il Tango attraverso la coppia, per questo riesce a distinguere l’
“improvvisatore” dal principiante, che ha già la sua sequenza in testa indipendentemente
dalla dama con cui balla, dalla musica su cui balla, dalla risposta che trova; perché il
Tango è improvvisazione ma è anche ascolto.
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L’ascolto: comunicare senza parole
Nel Tango non si può parlare, ma questo non vuol
dire che non si può comunicare. Se è vero che
comunicare significa “condividere o trasmettere
pensieri, sentimenti e simili, a livello profondo e
in modo sincero” (N. Zingarelli,
Vocabolario della
lingua italiana), allora il Tango è veramente un
modo straordinario di comunicare. Il suo è un tipo
di comunicazione corporeo e diretto, che lo rende
molto più sincero e attendibile rispetto alle
parole.
Il Tango è un linguaggio con cui esprimersi. Per
chi balla valzer o polka la musica è un supporto
ritmico, e la melodia un accompagnamento; un
brano o un altro vedono i ballerini eseguire
sempre gli stessi movimenti. Ma le melodie del
Tango sono così ricche di differenti coloriture
musicali, gli stili interpretativi e gli impasti
strumentali così diversi, la poetica dei testi così
mutevole, che passare da un brano all’altro (o anche da un esecutore all’altro dello stesso
brano) significa entrare in una condizione emozionale nuova, ispirando un portamento e
uno stile che non è mai lo stesso. Nelle scuole di Tango di Buenos Aires spesso il maestro
assegna a ciascun allievo/a una condizione interiore (allegro, innamorato, indifferente,
annoiato, arrabbiato...), quindi fa ballare tutti, dopodiché invita ciascuno a indovinare lo
stato d’animo del partner con cui ha appena ballato: se molti hanno percepito l’emozione
dell’altro significa che, al di là della correttezza tecnica dei passi, si è appreso
quell’affascinante linguaggio che è il Tango, definito dai vecchi maestri ‘el idioma del
brazo’ (il linguaggio dell’abbraccio).
Lo scambio parte proprio dall’abbraccio, questo gesto così semplice eppure così difficile
per noi europei che abbiamo perso quasi del tutto la “latinità”; e si protrae per tutta la
durata del ballo attraverso il tatto (con la marcas, in cui l’uomo tocca la schiena della
donna per indicarle la direzione) ma in maniera più sottile attraverso piccoli gesti, quasi
insignificanti per noi profani di questo ballo. È un po’ come fra due innamorati: l’intesa
data dall’amore fa sì che i due senza parlare riescano a comunicare sentimenti molto
profondi; qui la magia del ballo prende il posto dell’amore e i due ballerini, che stiano
ballando per la prima volta o che ballino insieme da anni, che non si conoscano per
niente o che si amino alla follia comunicano amore per il ballo e gioia di vivere.
Durante il ballo difficilmente si scioglie l’abbraccio, anche perché si andrebbe ad
aggiungere una difficoltà ad un ballo già di per sé complesso; abbracciati è più facile
sentire l’altro, anche nei movimenti quasi impercettibili che l’uomo deve considerare. È
possibile che ci sia proprio il bisogno dell’abbraccio e della vicinanza, all’origine della
riscoperta e del successo del Tango in alcuni paesi europei e non, e questo ci dovrebbe far
riflettere su quanto stiamo sottovalutando l’importanza del contatto, che ci fa così paura,
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ma che è un segno di umanità, e come tale non possiamo permettere che si perda nella
giungla di fili del terzo millennio.
Il momento Tango
Imprevedibile, modulabile, interpretabile, il Tango si inventa ogni volta con un gioco di
combinazioni, ma rimangono i particolari fondamentali quali: l’alternanza di “cortes” e
“quebradas”, lo sguardo paragonato a quello dello stato di trance, la postura: busto eretto,
appoggio dell’avampiede, passo scivolato e la concentrazione sull’esecuzione con l’uomo
che guida sceglie e crea.
Ciò che caratterizza il momento Tango è il fatto che ci sia un’esigenza dei ballerini di
cambiare spesso partner. Questo è dovuto al fatto che ogni persona con cui si balla ci può
“insegnare” qualcosa, e in più, come in cucina cambiando un ingrediente cambia il
sapore, allo stesso modo una combinazione di ballerini può dar luogo ad un’alchimia
particolare sfociando in un’esperienza unica.
Cambiando partner occorre adeguarsi alle esigenze dell’altro, capire quali sono i suoi
limiti e le sue virtù; per l’uomo riuscire a percepire la differente distribuzione del peso
del corpo della donna rispetto alla ballerina abituale (se la si ha); per la donna riuscire a
cogliere i piccoli segnali, sempre diversi, che le dà l’uomo.
Per chi si avvicina al Tango, o come spettatore o per imparare a ballare, è molto difficile
avvertire le differenze di stile. I gruppi di Tango, il tempo, l’esperienza, le ore passate a
ballare in pista, i differenti luoghi di Tango visitati, le persone con le quali si balla e i
diversi insegnanti coi quali si apprende a ballare, vanno via via arricchendo la propria
conoscenza. Con questa progressiva conoscenza del mondo del Tango, si affina la capacità
di osservare e si comincia ad apprezzare differenze e variazioni che prima non si
notavano. Gradualmente si comincia a riconoscere una diversità negli stili. Oggi c’è una
grande discussione sugli stili del Tango. Il problema delle discussioni fanatiche sugli stili
di Tango, sta nel fatto che a volte sono proprio le persone con meno esperienza a
prendere partito in maniera superficiale. La cosa certa è che il tema non è di vitale
importanza per chi è appena agli inizi.
Non si deve fare confusione fra gli stili del Tango, intesi come quei modi di ballare il
Tango che si sono man mano stabilizzati, con lo stile personale che ognuno acquisisce nel
ballo. Il proprio stile personale non è influenzato solamente dal maestro con cui si è
imparato. I maestri indicano un cammino, ma esistono altre variabili che influenzano il
proprio modo di ballare: personalità, abilità, senso musicale, attitudini, caratteristiche
fisiche, sensibilità, gusti, affinità, cultura estetica; questi sono gli aspetti che plasmano,
non solo lo stile di Tango che si balla, ma anche il proprio stile come persona.
È difficile raggiungere un proprio stile personale senza essere passati attraverso
un’esperienza ricca di pratica, di apprendimento, e di frequentazione di milonghe. Una
cosa è imitare lo stile di un maestro, altra cosa è acquisire un proprio stile personale. Ma
lo stile personale si costruisce con il tempo e con l’esperienza. È come la costruzione di
una casa: dobbiamo cominciare dalle fondamenta. Gli abbellimenti, le decorazioni
verranno in seguito. Nessuno può collocare i quadri prima di aver costruito le pareti. Per
questo sono importanti buone e solide fondamenta. Dunque, quando si discute di stili o
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modi codificati di ballare il Tango (milonguero, fantasia, da salon) si tende a considerarli
come qualcosa di statico, come se da quando si inventò il Tango, fossero già stati
chiaramente definiti. Così come ogni ballerino costruisce il suo modo di ballare con gli
anni, allo stesso modo gli stili che si sono andati codificando non sono stili creati e
imbalsamati una volta per sempre. Sono il frutto di laboriose costruzioni di arte popolare
collettiva, che si trasformano nel tempo. In un’epoca in cui prevale il Tango da
spettacolo, i grandi maestri possono venire da lì. Poi può arrivare il tempo in cui
cominciano a fiorire le milonghe e alcuni maestri nascono in questi spazi. A loro volta
questi differenti stili si mescolano, si modificano, crescono, si consolidano e allora quello
che crediamo essere uno stile autentico dalle origini, in realtà non è che una
trasformazione nel tempo e nelle persone, il che non lo fa meno vero.
In generale gli stili nascono dalle modificazioni originate dai valori culturali e dalle
condizioni sociali degli ambienti dove si balla. Nelle tappe di consolidamento del Tango,
il modo di ballarlo subisce importanti cambiamenti.
Tango-milonga o Tango-fantasia?
Il Tango-milonga e quello fantasia sono i due tipi di Tango in cui si divide il Tango
rioplatense.
Il Tango-milonga o “de salon” è quello meno conosciuto in Italia e in generale all’estero
ma più ballato nella realtà platense, dai vecchi milongueros; è più semplice del Tango-
fantasia in quanto a differenza di questo non usa figure esagerate, da spettacolo.
Il Tango-fantasia è nato per il palcoscenico, per l’esibizione e per questo motivo è più
conosciuto all’estero dove si vede più spesso negli spettacoli.
Per ballare il Tango-fantasia è quasi impossibile usare l’improvvisazione, le figure sono
complesse e richiedono preparazione fisica e spazio, proprio per questo nelle milongas (le
sale da ballo dove si balla esclusivamente il Tango) non si può ballare, o meglio non si
riesce a ballare; per questo è meglio dedicarsi al Tango-milonga, dove conta più l’abbraccio
delle figure complesse e dove si balla per se stessi e non per il pubblico. Difficilmente chi
balla per intimo piacere ama esibirsi in pubblico, lasciando ad altri il compito di far
divertire.
Il ballerino milonguero balla il Tango perché per lui è una esigenza, un bisogno oltre che
un piacere. Guidato dalla passione cerca di volta in volta di migliorarsi con la
convinzione che ogni volta potrebbe essere la più bella di tutta la vita, ma non (e questo è
bene sottolinearlo) dal punto di vista coreografico, ma dal punto di vista dell’emozione
che si può vivere.
Ma ballare in una milonga non è una cosa così scontata. La milonga è un luogo molto
particolare nella quale c’è un codice di comportamento da rispettare.
A livello personale vige la regola (anche se ormai non del tutto rispettata) che sia l’uomo
ad invitare la donna, ma non a parole, ma con un gioco di sguardi e cenni.
In pista occorre muoversi in senso antiorario e rispettare gli intervalli delle tandas,
cambiando partner.
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La milonga è un luogo magico dove ogni ballerino riesce a vivere la propria intimità e il
proprio Tango anche in mezzo a tante persone; l’opposto del palcoscenico luccicante
dove il Tango diventa del pubblico e il piacere viene sempre dopo il dovere.
La particolare situazione socio-economica che sta vivendo l’Argentina ha fatto sì che
molte “milongas” siano state chiuse; ciò ha permesso un ritorno dei ballerini nelle strade,
vuoi perché non ci sono “milongas”, vuoi perché non ci sono soldi. Ma il ritorno dei
ballerini nelle piazze molto probabilmente è anche un modo degli argentini per cercare
di incentivare il turismo con l’arma più genuina e originale: la tradizione del loro paese,
l’espressione della loro cultura.
I ballerini
Ballare il Tango presuppone un apprendimento e un codice. Occorre imparare a tenere i
piedi ben appoggiati al suolo, soprattutto a livello degli avampiedi; tenere il torso ben
dritto con le spalle molto aperte (soprattutto le donne); la posizione di tutto il corpo deve
essere leggermente inclinata avanti ma senza sbilanciarsi, quindi in perenne tensione
muscolare; le guance destre nel Tango
milonguero sono a contatto.
Fondamentale il ruolo dell’uomo e anche
molto difficile in quanto egli deve ascoltare
la musica, sentire i segnali della donna,
controllare lo spazio disponibile agli
spostamenti e in base ad esso creare la
sequenza sempre in accordo con la musica.
Dal canto suo la donna deve interpretare il
pensiero dell’uomo per cercare di seguirlo
nella maniera giusta, in più deve capire
quando l’uomo le concede lo spazio per
creare e sfruttarlo; è per questo motivo che
spesso nelle “praticas”, che sono delle specie
di scuole di ballo, dove lo scopo principale è migliorare la propria tecnica e il proprio stile
e apprendere durante l’esecuzione, le donne vengono fatte ballare con le donne e gli
uomini con gli uomini. La donna nel ruolo dell’uomo capisce e fa suoi i segnali della
“marcas”, per poi seguirli con più facilità; l’uomo impara a seguire e quindi a capire
l’attesa della donna e le sue difficoltà.
Tra le qualità fondamentali di un ballerino di Tango ci devono essere eleganza, classe e
portamento. Perché il Tango è eleganza e classe, e contrariamente a quanto molti
pensano è sicuramente voglia di vivere e gioia.
A livello storico sono molti i nomi dei ballerini famosi che hanno fatto la storia del
Tango, uomini e donne che hanno fatto del Tango il più grande fenomeno platense
esportato in tutto il mondo: tra tutti è bene ricordare anche Tito Lusiardo con Beba
Bidart e la coppia Juan Carlos Copes e Maria Nieves che nel 1951 al “Club Atlanta”
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fondarono una sorta di scuola dove si ballava ma si insegnava anche il Tango. Copes si
esibisce ancora con la figlia ventunenne Johana, con la quale ha fondato la compagnia di
ballerini e musicisti: “Copes Tango Copes”.
Molti sono anche i ballerini di oggi, stimati e apprezzati nel mondo.
Il Tango oggi
Diversamente a quanto è
successo per alcune danze, che
dopo essere salite alla ribalta si
sono perse nel nulla, il Tango ha
fatto la storia dei balli di coppia e
continua a farla.
Dal 1908 in Argentina si
organizzano competizioni di
Tango, ma quando in Europa si iniziò a pensare di organizzare delle competizioni che
comprendessero anche questo ballo, nessuno si prese la briga di andare ad indagare nei
paesi di origine quello che era il vero Tango; nacque così una nuova forma di Tango detto
internazionale, standardizzazione del Tango europeo già molto diverso da quello
platense.
Dal 1996 i balli standard (tra cui il Tango) e quelli latini sono entrati nelle competizioni
olimpiche, ma il Tango aveva già una risonanza mondiale.
Tango per chi?
Imparare a ballare il Tango non significa solo apprendere la tecnica base, ma entrare a
far parte di un universo “alternativo”, nel quale contano più gli “oggetti” caratteristici, i
comportamenti che possono sembrare démodé; ma soprattuttto occorre liberarsi dalle
catene e dai vincoli imposti dalla nostra società, per lasciarsi trasportare dalla musica.
Occorre diventare un tuttuno con il partner, interagire e fondersi in un unico corpo. Le
persone rigide, che difficilmente tendono a lasciarsi andare, troveranno forti difficoltà
nell’avvicinarsi a questa danza che sa essere complicata ma allo stesso tempo semplice,
perché il vero Tango si balla con il cuore.
A questo proposito vorrei citare una
Lettera aperta alla gente del Tango scritta da Tete
Rusconi, uno dei grandi vecchi milongheri molto conosciuto a Buenos Aires e in tutto il
mondo per la sua opera di insegnamento e diffusione del Tango. Nelle sue parole c’è un
senso di allarme giustificato che riguarda il modo di ballare il Tango disinteressandosi di
quello che c’è dietro, della musica per prima e della tradizione, perché ognuno deve fare
del Tango qualcosa di personale ma in accordo con musica e tradizione, per viverla
veramente:
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L ́11 dicembre 1998 si festeggia, qui a Buenos Aires, il Giorno Nazionale del
Tango: in questo giorno chi vi parla si rivolge con il più grande affetto e
rispetto a tutti coloro che su questa terra hanno imparato, in un modo o in un
altro, ad amare il tango tanto quanto noi lo amiamo.
Io, Tete, vorrei che voi poteste ballare il tango nel modo migliore, per trovare
soddisfazione in una musica che è così piena di passione.
Il tango è un sentimento: non è difficile imparare a ballare, ma allo stesso
tempo non è facile. Però non si ballano figure o passi, si balla la musica. Non
conosco ballerino o posto al mondo che abbia ballato senza musica.
Non si può restare nell ́equivoco così a lungo: in questo modo non
imparerete mai a ballare.
Siete voi a scegliere i maestri e i professori da invitare. Provate a vedere il
tango da un altro punto di vista: provo a spiegarmi. Il tango è e sarà sempre
musica, imparare a camminarla, ad ascoltarla, a sentirla, fino a che si trasformi
in qualcosa di proprio, da cui non ci si può più staccare. Da questo momento
ogni persona, ogni ballerino prenderà il suo stile, uomini e donne.
Basta quindi con gli imbrogli; non comprate modi ripetuti, comprate il tango.
Perché non andate di più nelle milonghe di Buenos Aires?
Perché lì la gente milonguera veramente balla: sono loro che hanno
insegnato a ballare alla generazione attuale. Adesso la strada che si è intrapresa
sembra essere un ́altra, che fa apparire un tango diverso, un tango cammuffato.
Per il bene del tango e per il bene di tutti, con il cuore in mano vi dico, signori,
ballate la musica. Perché la musica è il tango!
Tete Rusconi
Conclusioni
“Se sei malinconico, il Tango accarezza dolcemente la tua malinconia, se sei allegro è la
colonna sonora giusta per proiettare sugli altri la tua allegria. Il Tango sei tu. Sono i tuoi
sentimenti, gli stati d’animo, le tue gioie o le tue tristezze a definirne il colore e il
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significato. Un brano dalle cadenze ampie e dal ritmo particolarmente lento può
sembrare a te malinconico e nostalgico e a un tuo amico caldo, intrigante e ricco di
sensualità. Quale delle due impressioni è la più vera? Tutte e due, perché il Tango è fatto
così. Entra nel cuore passando dal canale aperto in quel momento e ne assume la natura”.
In questo commento di Astor Piazzolla c’è l’essenza di una musica che va al di là della
semplice funzione di accompagnare i passi di questo ballo famosissimo. Il Tango esalta i
sentimenti, cattura l’energia e ha la capacità di fondersi con le sensazioni più intime
dell’animo umano.
Il Tango è poesia, nelle parole delle canzoni ma anche nel rapporto tra i ballerini; una
poesia che si rinnova ad ogni sguardo, ad ogni contatto, e che si evolve ballo dopo ballo.
Il Tango è improvvisazione, creazione continua che nasce e cresce nell’animo e si
trasmette all’esterno verso chi è abbastanza aperto per riceverlo.
La musica del Tango non si ascolta solo con le orecchie ma anche e soprattutto con il
cuore, perché è il sentimento a caratterizzare il Tango; il sentimento provato dalle
persone che lo hanno fatto nascere; quello dei musicisti che lo hanno fatto crescere;
quello dei parolieri e dei cantanti che lo hanno espresso con particolare ispirazione;
quello dei ballerini che di volta in volta aprono il cuore ad un partner diverso in quei tre
minuti così brevi ma così intensi.
Perché il Tango, più di ogni ballo finora, riesce ad esprimere in così poco tempo ciò che
siamo realmente, perché non si può mentire, l’abbraccio è così stretto che ci farebbe
scoprire subito.
Il Tango, con i suoi cento anni e più, si ripropone diffondendosi in Europa, America e
Giappone; in una società in cui tutto invecchia rapidamente, in cui tutto viene
consumato e passa di moda, il Tango ha saputo riconquistare una centralità, con la sua
struggente passionalità e la sua rinnovata attualità.
Ci si chiede come e perché questa musica e questo ballo ancora siano capaci di incantare
e coinvolgere folle sempre più ampie; perché siano oggetto di studio e di attenzione da
parte di registi, scrittori, musicisti, perché gli spettacoli di Tango richiamino un pubblico
così numeroso. Forse una delle risposte a questa domanda non facile è che il Tango da
sempre è andato controcorrente: ha rotto abitudini, usanze, consuetudini consolidate, e
per questo è divenuta trasgressiva, non tanto per l’abbraccio della coppia, quanto per la
stranezza e complicazione dei passi che escono fuori da ogni regola. Il Tango è infatti
l’incontro tra: la melodia sentimentale e la forza dell’habanera; le coreografie che
caratterizzano la milonga; il ritmo del candombe.
Il Tango, pur se collocabile, come in genere le danze popolari, all’interno di uno spazio e
di un tempo definiti, è il frutto dell’incontro di tradizioni musicali provenienti da più
continenti.
Il tango non si esaurisce nelle regole studiate, nei passi imparati, ma la conoscenza delle
sue regole è fondamentale, anche se due coppie, nello stesso momento, con la stessa
musica possono ballare tanghi completamente diversi nelle figure e nello stile. È facile
intuire cosa verrebbe fuori dal confronto tra un tango ballato oggi con lo stesso tango
ballato nel passato: sono cambiati gli elementi di contorno, i gusti, tante cose. Non si può
paragonare il tango all’inizio ballato tra uomini sull’acciottolato delle vie di Buenos Aires,
con quello poi ballato con scarpe “ad hoc” in sale con i pavimenti in marmo. Il tango
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dunque, pure legato a strutture musicali invariabili, pur avendo figure base che non si
sono modificate nel tempo, è un ballo che cambia e si adegua ai tempi.
Il tango è anche incontro tra due persone; emergono in questo ballo i nostri caratteri, le
nostre debolezze, le nostre energie. In un mondo in cui impera l’individualismo, il tango
consente a due persone di abbracciarsi, avvicinarsi, scoprirsi, di vivere un’esperienza
comune. Il tango è uno strumento per esprimere sentimenti (dolore, ma anche gioia,
senso di libertà). È quasi una confessione che fa scoprire al compagno con cui si balla, i
propri difetti, limiti, debolezze.
Nella città moderna, che crea spesso difficoltà di rapporto, in cui non esistono modelli d
riferimento certi, l’uomo vive oggi momenti di solitudine come quelli vissuti dai nostri
emigrati. Il tango quindi come momento di incontro, conoscenza, evasione, oggi come
ieri perché l’uomo nel profondo non è cambiato.
Il tango, educandoci a rispettare e sentire l’altro, a scambiare con lui emozioni profonde,
ci educa ad una comunicazione autentica che aiuta l’uomo a riacquistare una centralità in
parte perduta.
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BIBLIOGRAFIA
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